A furia di revisionare…

Uno dei film di Troisi che credevo di preferire è “Le vie del Signore sono finite”. Qualche sera fa ho voluto riguardarmelo. Non so se lo preferisco ancora agli altri: i personaggi non sono delineati in modo approfondito; in generale è un po’ statico, forse mal recitato. La fotografia, i tempi, il montaggio sono tipici dei film italiani di quegli anni. Anche i coevi acclamati film di Nanni Moretti emanano la stessa aria, sgradevole, stantia, di anni ’80: puzza da chiusura dei cinema.

Nella sceneggiatura Troisi e i suoi collaboratori introducono elementi un po’ improbabili. Ad esempio i due fratelli Camillo e Leone, pur inseparabili, parlano lingue diverse, Napoletano e Toscano. Non tralascio l’istantanea fuga dei turisti Francesi all’avvento del fascismo (“non siamo più ben visti…”) che è forse anacronistica.

Tuttavia traggo dal Morandini 2003 un’altra considerazione: “sul versante […] politico inciampa negli stereotipi demagogici”. Devo avere proprio poca sensibilità. Dove sono questi stereotipi? La scena in cui la squadra di fascisti manganella il protagonista (per altro davvero poco cruenta)? Il rimando agli anni di prigionia del protagonista? Messa così sembra quasi che “Le vie del Signore sono finite” voglia essere un film anti-fascista, mentre il fascismo entra nel film in modo davvero marginale. Mi sembra che si possa dire allora che “La vita è bella” di Benigni è piena di stereotipi demagogici sui campi di concentramento. Non oso pensare a cosa si possa scrivere di altri film ancora più espliciti (e proprio per questo anche più grossolani e meno delicati) quali “Schindler’s List” o “Roma città aperta”. Eppure i film sono migliori e il critico non osa citare stereotipi demagogici.

Invito chi legge a ritrovare nel film uno stereotipo, un tratto demagogico esagerato e non funzionale alla fabula. E comunque la storia è storia. Alcune caratteristiche connotano più di altre un oggetto, una persona, un gruppo di persone. Da queste caratteristiche originano gli stereotipi.