I simboli sono importanti?

Insomma, ci si avvia al voto. Sono stati presentati e scremati i simboli per le prossime elezioni politiche. Nei simboli ammessi ci sono anche quelli i vecchi partiti, che poi però non saranno presenti sulle schede elettorali: un modo per prevenirne l’abuso o l’uso improprio. Alla fine è piuttosto chiaro quali saranno le liste presenti e i soggetti in campo.

Ora è in auge il tema della “desistenza”. Sembra che Ingroia abbia più volte provato a contattare Bersani il quale non gli risponde nemmeno al telefono. Infatti Rivoluzione Civile vorrebbe sfruttare il suo peso (2-3% nelle regioni chiave) per “chiedere” qualcosa a Bersani. Non si capisce bene cosa, ma Ingroia aspetta un segno da Bersani. La presenza di Rivoluzione Civile può far perdere PD-Sel-Tabacci non meno di quanto gli farebbe perdere un qualche accordo diverso dalla “desistenza” spontanea. Ecco perché dal PD (almeno formalmente) chiedono semplicemente il “ritiro” di Rivoluzione Civile. D’altronde parlare come fa Vendola di dialogo con Ingroia e i suoi mandatari ad elezioni avvenute è un mero esercizio da campagna elettorale. Una variante del “voto utile”: SE (e sottolineo SE) Rivoluzione Civile supererà la soglia del 4% avrà qualche Deputato (5 o 6) e al Senato non conterà nulla.

Cosa c’entra questo con i simboli? Queste saranno le ennesime elezioni senza il simbolo della falce e martello, quello degli eredi diretti del comunismo italiano (Rifondazione e PdCI).

Si parla degli impresentabili, ma forse i vari Ferrero, Bertinotti e DiLiberto si sentono più impresentabili di Cosentino&CO da aver rinunciato alla presenza del loro simbolo. Anche alle precedenti politiche era stato l’arcobaleno a occultare la falce e il martello. E nel 2008 non aveva portato bene avendo quelle elezioni eliminato la sinistra radicale dallo scenario. Ora per avere delle chances si sono dovuti alleare con un altro soggetto diventato impresentabile: DiPietro. E infine, per “inguattarsi” e rimanere il più nascosti possibile, hanno abdicato ad Ingroia. Il leader dei comunisti oggi è uno che è andato ieri in una trasmissione comico-parodica di RadioDue, una specie di Bagaglino anche se fatta da Sabelli-Fioretti (per intenderci, niente a che vedere con la satira in senso filologico di Corrado Guzzanti). La cosa più emblematica che è emersa a “Un giorno da pecora” è che Ingroia non sa quando ci saranno le elezioni o non sa come funziona il “silenzio elettorale” e che tornerà ad essere magistrato inquirente. Ovviamente si è parlato quasi solo di Silvio… Siamo messi bene.
[audio:http://bulgakov.altervista.org/blog/wp-content/uploads/2013/01/ingroia_radio2.mp3]

Dalla scissione con Vendola (io sospetto sempre che i comunisti come Castro non tollerino gli omosessuali, figuriamoci se anche cattolici come Vendola) per i comunisti è stato un continuo calare e raccattare. E da un pezzo hanno abbandonato la politica per il mero poopulismo. Oltre al nome del leader nel simbolo hanno il popolo del “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo, anche se ben sfumato nel tondo arancione. Non mi stupisco che Rizzo e altri prima di lui come Ferrando e quelli di Sinistra Critica siano usciti da questo pasticcio.